Contenuto sponsorizzato da Regione Puglia e scritto dal Post

Come sta andando la cosiddetta “Blue Economy”

E soprattutto che opportunità può offrire in un paese con 7.500 chilometri di coste

Basta guardare una cartina dell’Italia per capire l’importanza per il nostro paese del mare, nello specifico del Mar Mediterraneo. Con i suoi circa 7.500 chilometri di coste su quello che i romani chiamavano Mare nostrum, la penisola italiana è un’appendice geografica del continente europeo circondata dal mare. Questa conformazione inoltre fa dell’Italia un ideale collegamento nel Mediterraneo fra l’Europa continentale e l’Africa e il Medio Oriente.

Il mare è stato storicamente il principale canale utilizzato dalle popolazioni che hanno abitato l’Italia per fare affari e più in generale per confrontarsi, e spesso per mescolarsi, con le altre culture delle popolazioni vicine e meno vicine. L’Italia continua ancora oggi ad avere questo ruolo di ponte: attraverso il Mediterraneo passano infatti molte delle rotte migratorie attraverso cui migliaia di persone cercano di raggiungere l’Europa. Il Mediterraneo è anche il luogo nel quale viene generata una parte importante della nostra economia: dal turismo alla pesca, dai trasporti all’energia, compresi i sistemi di più recente introduzione che generano quella rinnovabile dal moto ondoso o dalle maree.

Negli ultimi anni si è sviluppata una crescente sensibilità per le attività umane che hanno impatti negativi sugli ecosistemi naturali, e sono state introdotte norme per favorire un’economia maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale. La “Blue Economy” è un modello di sviluppo sostenibile di tutti i settori che hanno a che fare con il mare (dalla cantieristica al turismo costiero) che tutela gli ambienti acquatici e marini dai pericoli connessi con le attività umane. La salvaguardia ambientale di oceani, mari, fiumi e laghi fa infatti parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, diciassette propositi comuni per migliorare la vita di tutti sia a livello ambientale che sociale.

A livello europeo c’è stato recentemente un ulteriore rilancio della Blue Economy all’interno del cosiddetto Green Deal, il complesso piano della Commissione Europea per combattere il cambiamento climatico. La missione “Restore our Ocean and Waters by 2030” ha programmato investimenti in ricerca e innovazione per ottenere risultati entro il 2030, soprattutto per quanto riguarda la riduzione dell’inquinamento delle acque e la protezione e il ripristino degli ecosistemi acquatici in pericolo. Sono stati introdotti sul tema diversi regolamenti europei, per esempio sull’energia offshore e sulla pesca sostenibile. L’UE sta inoltre rafforzando la conoscenza e l’osservazione degli oceani con servizi di monitoraggio e prototipi come lo European Digital Twin Ocean, un progetto per realizzare una replica digitale e interattiva dell’oceano.

In Italia, nel complesso, nel settore della Blue Economy, ci sono circa 230mila imprese e più di un milione di occupati. La cosiddetta economia del mare rappresenta, se consideriamo anche il valore attivato nel resto dell’economia, l’11,3% del PIL nazionale. Attualmente il principale documento programmatico per lo sviluppo della Blue Economy in Italia è il “Piano del Mare 2023-2025”, che ha come obiettivi principali la tutela e valorizzazione ecologica, ambientale, logistica ed economica del mare, lo sviluppo del sistema portuale, la promozione della stessa Blue Economy nel turismo, nella pesca, nell’acquacoltura, nelle energie rinnovabili e il miglioramento della continuità territoriale per le isole.

Tra le regioni in cui la Blue Economy si è sviluppata di più negli ultimi anni c’è la Puglia, che con i suoi quasi 900 chilometri di coste è una regione privilegiata in cui si può investire nella transizione sostenibile per attività legate alla pesca, al turismo costiero, alla cantieristica navale, all’energia rinnovabile offshore e alla ricerca marina. Oggi nel settore blu pugliese lavorano più di 76mila persone e lo stesso settore genera circa il 5 per cento del PIL regionale, oltre la media nazionale, con oltre 19.600 imprese.

Per mettere a frutto questo potenziale, la Regione Puglia ha definito la strategia #BlueVision2030 che individua una serie di linee di sviluppo prioritarie. È necessaria innanzitutto una pianificazione delle varie iniziative, in modo da far collaborare tra loro i diversi settori legati all’economia del mare e sfruttarne le possibili sinergie. Contemporaneamente è indispensabile investire sulle persone, puntando sulla formazione e sullo sviluppo delle competenze necessarie per lavorare nei settori marittimi. Fra le linee di sviluppo per la regione Puglia è inoltre prioritario sia unire Blue e Green economy, applicando criteri di sostenibilità in tutti i processi, i servizi e i prodotti collegati al mare, sia promuovere l’innovazione nel settore, sostenendo nuove soluzioni, tecnologiche e organizzative, che possano far crescere in modo moderno e sostenibile l’economia del mare. È inoltre imprescindibile un rafforzamento della cooperazione tra i Paesi del Mediterraneo, valorizzando il mare come spazio che unisce le comunità invece di dividerle.

La strategia #BlueVision2030 è il risultato di un percorso istituzionale avviato nel 2022 ed è stata costruita con il supporto di tutti i dipartimenti e le agenzie regionali coinvolte nei temi legati al mare. Ha previsto un processo di consultazione pubblica che ha raccolto pareri, proposte e osservazioni da cittadini, imprese, associazioni ed enti locali. La strategia ha la possibilità di concretizzarsi attraverso l’individuazione di 83 azioni da finanziare da fondi FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale), FSE (Fondo sociale europeo), FEAMPA Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura), JTF (Just Transition Fund – Fondo per la transizione giusta) e PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), attraverso 18 obiettivi di sviluppo integrato e sostenibile.

All’interno della #BlueVision2030 si analizzano inoltre alcune criticità specifiche da gestire, come per esempio la pressione antropica sulle coste pugliesi e la necessità di riconversione industriale in chiave di sostenibilità delle aree di Taranto e Brindisi, città da sempre legate all’economia del mare. Proprio a Taranto il 15 ottobre c’è stata un’iniziativa legata a questi temi, la Puglia Blue Vision – Festival della Blue Economy, realizzato con il patrocinio della Città di Taranto e dell’Università di Bari – Dipartimento Jonico e cofinanziato dall’Unione Europea (POR Puglia 2014–2020), nell’ambito della strategia Smart Puglia 2030. Durante il festival ci sono stati diversi talk e panel sul presente e sul futuro della Blue Economy in Puglia, a cui hanno partecipato sia esponenti delle istituzioni, che di imprese, start-up e associazioni.

Immagine di copertina: Il ponte di San Francesco di Paola di Taranto (Regione Puglia)

Scroll to Top