
Come si racconta una storia vera, al cinema
Quella di Nicola Calipari e del rapimento di Giuliana Sgrena è diventata un film, “Il Nibbio”, in uscita nelle sale
Nicola Calipari «era un dirigente dei servizi segreti atipico rispetto all’idea che a volte si ha di quel ruolo»: è quello che pensa Sandro Petraglia, sceneggiatore del film Il Nibbio, in uscita il 6 marzo al cinema. Il film è basato proprio sulla storia vera di Calipari, l’alto dirigente del SISMI che il 4 marzo del 2005 fu ucciso mentre stava scortando all’aeroporto di Baghdad la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, appena liberata dopo un mese di sequestro.
Sgrena era stata rapita il 4 febbraio da un gruppo jihadista. Era in Iraq per realizzare una serie di reportage per il suo giornale, a meno di due anni dall’inizio dell’invasione del paese da parte degli Stati Uniti. I rapitori in cambio della liberazione chiesero il ritiro delle forze armate italiane dall’Iraq. Nei giorni successivi, per sollecitare il governo a intervenire e chiedere la sua liberazione, si tenne a Roma una manifestazione a cui parteciparono oltre 500mila persone. La giornalista fu liberata grazie all’opera di mediazione di Calipari, che si era già occupato direttamente di diverse trattative di ostaggi italiani in Iraq.
Il Nibbio esce a vent’anni da quelle vicende. Si concentra sul ruolo diplomatico di Calipari, il cui nome in codice era appunto “Nibbio”, nei 28 giorni del sequestro fino alla sua morte. Il film è diretto da Alessandro Tonda ed è scritto da Sandro Petraglia con Davide Cosco e Lorenzo Bagnatori. Claudio Santamaria interpreta Nicola Calipari, mentre Sonia Bergamasco è Giuliana Sgrena.
La produzione del film Il Nibbio è stata possibile grazie alla collaborazione della famiglia Calipari, che ha autorizzato la sceneggiatura. Proprio perché basato su una storia vera, è un caso interessante per cercare di capire il lavoro necessario per tradurre fatti reali in un film: è quello che abbiamo chiesto allo sceneggiatore Petraglia e al regista Tonda.
Secondo Petraglia, le storie da raccontare erano due: la prima sul ruolo di Calipari nella liberazione di Sgrena, la seconda su quanto accaduto dopo la sua morte. La scelta è ricaduta sulla prima perché dava la possibilità di raccontare un dirigente dei servizi segreti atipico. «E per chi fa il mio lavoro – ci ha spiegato Petraglia – è la cosa più interessante. Avere qualcuno che per status dovrebbe comportarsi in un certo modo e invece ha una libertà di pensiero».
Il lavoro di Petraglia è iniziato naturalmente con la ricerca: «Non c’era molta bibliografia sul caso, solo due libri. Poi naturalmente abbiamo letto tutti i giornali, ma non c’era molto da poter utilizzare. Io quindi ho sentito la necessità di parlare con la moglie». Sia per Petraglia che per il regista Alessandro Tonda è stato infatti importante il rapporto con la vedova di Calipari, Rosa Maria Villecco, che ha raccontato loro soprattutto il lato umano del marito, ma anche alcuni particolari della sua vita professionale, indispensabili per costruire il personaggio.
Fra le storie della vita professionale di Calipari raccontate da Villecco che hanno più colpito Petraglia c’è il ricordo di quando, negli anni Novanta, «da dirigente della squadra mobile di Roma istituì un numero verde attraverso cui gli omosessuali potevano denunciare i maltrattamenti subiti». Le conversazioni con Villecco sono state importanti per Petraglia anche per costruire i dialoghi, per capire come far parlare un uomo «ironico, spiritoso e che, per esempio, amava il cinema».
Tutto questo materiale è stato poi organizzato da Petraglia, che ha lavorato alternando tra loro tre linee narrative: Sgrena prima e durante il rapimento, Calipari e il suo contesto familiare, Calipari e il suo ruolo professionale. L’alternanza delle scene dei tre piani narrativi permette ai fatti reali di prendere ritmo, un elemento essenziale per questo film che, come spiega il regista Tonda, vuole essere anche una spy story. Per il regista il progetto infatti è stato subito interessante perché gli permetteva di mettere insieme la sua «passione cinematografica per le spy story con un caso di cronaca, una storia vera». Tonda spiega che ha cercato di tenere un tono realistico, «ma che strizzasse l’occhio alla cinematografia americana, senza scimmiottarla».
Un altro aspetto da valutare quando si produce un film ispirato a fatti reali è quello della somiglianza o meno degli attori con i personaggi reali. Spiega Tonda: «Noi non dovevamo raccontare figure conosciute da tutti. Abbiamo dovuto fare delle scelte anche estetiche. All’inizio avevamo pensato a un trucco prostetico (che utilizza protesi applicate sul viso degli attori, ndr) per avere una somiglianza quasi perfetta. Poi abbiamo deciso per una via di mezzo, proprio perché non stavamo raccontando una persona che conoscono tutti. Per questo anche il film è, fra quelli che raccontano una storia vera, un po’ atipico».
Nel raccontare una storia come quella di Calipari il rischio è di cedere alla retorica. Per Tonda un espediente per evitare l’enfasi è stato «ridurre al minimo le immagini di repertorio». Petraglia sostiene che sia stato facile evitare la retorica perché «è proprio il personaggio di Calipari a essere antiretorico». Ancora per Tonda, raccontare la figura di Calipari, e farlo senza retorica, è stato importante perché «era una persona anche tormentata, che sentiva forte il senso del dovere nei confronti dello Stato, ma anche nei confronti della sua famiglia».
Il Nibbio è una coproduzione italo-belga di Notorious Pictures con Rai Cinema e Tarantula in collaborazione con Netflix e Alkon Communications. Le scene ambientate in Iraq sono state girate in Marocco: la collaborazione con le istituzioni locali ha permesso l’accesso a location militari e l’utilizzo di mezzi speciali necessari per ricostruire la Baghdad del 2005. Nel cast de Il Nibbio, che è al cinema dal 6 marzo, ci sono anche, tra gli altri, Anna Ferzetti (Rosa Maria Villecco, moglie di Calipari), Sergio Romano (Gabriele Polo, allora direttore del Manifesto) e Massimiliano Rossi (Tiber, l’uomo dei servizi segreti italiani a Baghdad).