Articolo sponsorizzato da Barilla e scritto dal Post

Da dove viene il pesto

Il suo più antico antenato è il moretum romano. Oggi è possibile, grazie alla tecnologia, tracciare il percorso del suo ingrediente principale, il basilico

Fra i condimenti per la pasta più noti per la loro identificazione geografica c’è il pesto alla genovese, che ha come ingredienti il basilico, l’olio extravergine di oliva, l’aglio, il parmigiano e il pecorino sardo (o solo il parmigiano), il sale grosso e i pinoli. Se si segue il metodo di preparazione tradizionale, va realizzato pestando questi ingredienti a freddo in un mortaio di pietra con un pestello di legno. La sua origine è remota: probabilmente l’antenato più antico è il moretum romano, un miscuglio di erbe aromatiche, aglio, pecorino fresco e stagionato e olio pestato nel mortaio, che veniva però spalmato sul pane. Solo dal Cinquecento si cominciano a trovare tracce in ricettari e trattati di salse assimilabili alla ricetta contemporanea. Fra la metà del Cinquecento e la fine del Settecento sono numerosi infatti gli autori che parlano di una “salsa di basilico e agli”, utilizzata anche come accompagnamento per carne, pesce e verdure o per insaporire zuppe.

La ricetta del pesto come lo conosciamo oggi inizia a codificarsi probabilmente a metà dell’Ottocento, a Genova, e diversi ricettari lo menzionano come condimento della pasta. Nel 1851 il pesto (pestu) compare per la prima volta in un dizionario, quello Genovese-Italiano di Giovanni Casaccia. Nel 1865 il ricettario La vera cucineria genovese di Emanuele Rossi lo propone abbinato a “taglierini e gnocchi”. Oltre alle diverse indicazioni sui formaggi da utilizzare (“un poco di formaggio d’Olanda e parmigiano” scriveva Rossi), quasi la totalità di queste ricette ottocentesche non menziona i pinoli, introdotti solo successivamente.

Nel Novecento la diffusione del pesto si lega anche allo sviluppo della nostra industria alimentare, la cui storia è in parte raccontata anche nell’Archivio Storico Barilla che raccoglie testimonianze, strategie, prodotti del marchio. A partire dal secondo dopoguerra infatti iniziarono a cambiare le abitudini di consumo di molti italiani: gli stili di vita più frenetici favorirono la diffusione di piatti veloci da preparare, senza però rinunciare al gusto delle ricette tradizionali. Per andare incontro a queste esigenze, l’industria alimentare iniziò a produrre e commercializzare a livello nazionale sughi pronti. Così Barilla, che già produceva pasta, iniziò a realizzarli nel 1969.

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La commercializzazione di sughi pronti ha permesso a molti italiani di consumare in maniera maggiore salse e sughi di regioni diverse dalla propria, alcuni dei quali non così facili da preparare in maniera casalinga, come appunto il pesto. Nel 1994 inizia la produzione del Pesto Barilla alla Genovese, che dal 2008 è realizzato nello stabilimento di Rubbiano, in provincia di Parma. Per far fronte alla crescita e all’internazionalizzazione della domanda è stata aperta una seconda linea di produzione nel 2017 e una terza nel 2023. Oggi il Pesto Barilla alla Genovese è prodotto solo con basilico italiano da agricoltura sostenibile e parmigiano reggiano DOP.

Da giugno del 2023 l’azienda ha deciso di dare la possibilità ai consumatori di conoscere in modo trasparente, attraverso un sistema di tracciabilità, la storia dell’ingrediente principale del pesto, di ricostruire cioè da dove viene il basilico dei suoi barattoli, mappando il suo viaggio dai fornitori fino allo stabilimento di Rubbiano. I vasetti di pesto sono infatti dotati di un QR code sull’etichetta che, una volta scansionato, permette di ripercorrere tutti i passaggi: basta inserire il numero del lotto riportato sulla confezione.

Si potranno avere informazioni sugli agricoltori che hanno coltivato il basilico, sul luogo di coltivazione, sulla data di raccolta e ancora sulla data e sul luogo di produzione di quel singolo vasetto. Il tracciamento del percorso del basilico è effettuato attraverso un sistema che utilizza la tecnologia blockchain (catena di blocchi): garantisce che le informazioni fornite siano sicure. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con Connecting Food, tra le prime piattaforme per la tracciabilità e la trasparenza alimentare nate in Europa.

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Barilla ha potuto raccogliere questi dati grazie al rapporto fiduciario con tutti i soggetti che partecipano alla filiera produttiva: sono 50 unità operative, 19 aziende agricole e 6 fornitori. Tutte queste aziende sono tenute a rispettare i criteri di sostenibilità del sistema ISCC PLUS, (acronimo di International Sustainability & Carbon Certification), una certificazione di sostenibilità ambientale effettuata da un ente terzo e riconosciuta a livello internazionale. Il consumatore potrà quindi anche conoscere le tecnologie e le pratiche scelte dalle aziende per ridurre l’impatto ambientale.

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L’impegno di Barilla a utilizzare per il suo Pesto alla Genovese solo basilico proveniente da agricoltura sostenibile certificata dal sistema ISCC PLUS è uno dei tre elementi costitutivi della cosiddetta “Carta del basilico” dell’azienda, un insieme di regole e raccomandazioni agronomiche, di qualità merceologica e di relazione con i fornitori. Prevede inoltre che i produttori di basilico pratichino la rotazione delle colture e garantiscano nelle coltivazioni la protezione della biodiversità, riservando il 3% dei campi dedicati al basilico Barilla alla coltivazione di piante e fiori, offrendo riparo agli insetti, essenziali per l’ecosistema. Barilla si impegna a stipulare contratti a lungo termine con gli stessi produttori, in modo che possano avere un reddito garantito e pianificare i propri investimenti.

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